La riattivazione del virus della varicella, rimasto dormiente all’interno del sistema nervoso, può produrre sintomi dolorosi a carico della pelle e dei nervi
Nel gergo medico si chiama Herpes Zoster ma nella vita di tutti i giorni è più conosciuto come Fuoco di Sant’Antonio perché nel passato chi ne soffriva veniva messo sotto la protezione di Sant’Antonio Abate, eremita egiziano e fondatore del monachesimo cristiano. Di certo, una scelta lungimirante se si considera che la cifra distintiva del Fuoco di Sant’Antonio è una dolorosissima eruzione cutanea. Questa malattia consiste, infatti, nella riattivazione del virus della varicella-zoster il quale si rende protagonista di un’infezione primaria – la varicella, diffusa soprattutto tra bambini e adolescenti – e poi rimane “nascosto” in forma latente nell’organismo e può riattivarsi con periodicità negli anni successivi.
Pertanto, per sviluppare il Fuoco di Sant’Antonio bisogna aver già contratto la varicella: il virus varicella-zoster si manifesta con la comparsa di lesioni simili a macchie eritematose presenti sul tronco, sul cuoio capelluto e sugli arti. Tali macchie evolvono in vescicole pustolose che infine diventano croste. Tuttavia, una volta superata la fase acuta della varicella, le croste si staccano e si potrebbe pensare che la malattia sia un capitolo chiuso. Invece, il virus è in grado di localizzarsi a livello dei nervi cranici e nei gangli delle radici posteriori ed entra in una fase di quiescenza. “Ciò significa che il virus varicella-zoster resta dormiente nel nostro sistema nervoso ma, sotto la pressione di particolari condizioni, può risalire lungo i nervi e dar luogo a manifestazione cutanee”, spiega il prof. Vincenzo Baldo, ordinario di Igiene all’Università di Padova e Presidente della sezione Triveneto della Società Italiana di Igiene Medicina Preventiva e Sanità Pubblica (SITI). “Le condizioni che permettono questo risveglio sono correlate alla ridotta funzionalità della componente cellulare del nostro sistema immunitario. Ciò accade in presenza di alcune condizioni patologiche che inducono abbassamento delle difese immunitarie, o in seguito all’assunzione di particolari farmaci che inducono immunodepressione, oppure nel corso del processo di naturale cambiamento correlato all’età del sistema immunitario (la cosiddetta immunosenescenza, n.d.r.)”.
La malattia presenta una prima fase caratterizzata da alterazione della sensibilità, fotofobia, cefalea e dolore localizzato nell’area della cute interessata (solitamente, le zone più colpite sono quelle lombari e toraciche). A questa segue una fase dominata dall’insorgenza del rash cutaneo con la comparsa di vescicole.“Questa manifestazione cutanea interessa la parte della cute innervata da uno specifico nervo colpito dalla riattivazione del virus”, prosegue Baldo. “A tale manifestazione si accompagnano dolore urente, prurito e un’alterata sensibilità al tatto. Se la malattia interessa particolari aree del corpo, come il nervo oftalmico, può condurre a problematiche gravi e anche alla cecità”. È sufficiente scorrere le immagini del viso o del tronco di persone colpite dal Fuoco di Sant’Antonio per capire che questa non è solo una dolorosa affezione della cute, bensì è una malattia che può comportare gravi conseguenze, che comprendono il prodursi di sovra-infezioni batteriche e la comparsa di nevriti dolorose e persistenti.
“Solitamente gli individui colpiti dal Fuoco di Sant’Antonio guariscono entro un paio di settimane ma in alcuni casi è possibile andare incontro a gravi complicanze successive all’infezione”, conclude Baldo. “La principale delle quali è la persistenza del dolore definita come Nevralgia Post-Erpetica. Si tratta di un dolore di tipo cronico che colpisce il 10-20% dei pazienti che hanno presentato una manifestazione acuta di Herpes Zoster e dura oltre i 90-120 giorni dalla scomparsa del rash cutaneo. Inoltre, risulta particolarmente resistente ai farmaci per il trattamento della malattia”.
Per tutti questi motivi è necessario prevenire la malattia ricorrendo alla vaccinazione e proteggere in special modo gli individui immunocompromessi, coloro che sono affetti da particolari patologie e gli anziani maggiormente a rischio di sviluppare il Fuoco di Sant’Antonio.
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Enrico Orzes