di Carmela De Stefano
La salute, la mancanza di competenze specifiche e il livello di istruzione potrebbero ostacolare il reinserimento lavorativo degli over 50
Non è raro che dopo un periodo di disoccupazione, per motivi che vanno dalla precarietà del mondo del lavoro alle questioni familiari, ci si ritrovi nuovamente a 50 o più anni tra le fila dei disoccupati alla ricerca di un impiego. Se trovare un lavoro può essere già normalmente complicato di per sé, il reinserimento lavorativo per gli over 50 potrebbe esserlo ancora di più: l’età e il peggioramento delle condizioni di salute potrebbero comprometterne la ricerca. Uno studio qualitativo condotto su un campione di ex-lavoratori inglesi, di età compresa tra i 50 e i 64 anni, e pubblicato su BMC Public Health, ha valutato le percezioni e le esperienze vissute dai partecipanti durante la ricerca di un nuovo lavoro.
La prima cosa che è emersa dall’indagine è che nessuno dei partecipanti ha vissuto l’età come un fattore limitante. O, almeno, non in maniera diretta. Ma, indirettamente, altri problemi sarebbero legati all’invecchiamento, primo fra tutti: il peggioramento delle condizioni di salute. In particolare, per quei lavoratori specializzati in lavori manuali, o con malattie croniche o disabilità, il ritorno alla precedente mansione è frenato dalla preoccupazione di non essere più idonei per quel ruolo e di rappresentare più un ostacolo che una risorsa. In questi casi, il reinserimento in una nuova area lavorativa è ostacolato dalla mancanza di competenze specifiche e, spesso, anche dal basso livello di istruzione. Inoltre, la salute precaria impone un maggior numero di controlli medici, l’assunzione di più farmaci, più attenzione allo stile di vita. Molti degli intervistati si sono detti preoccupati dalla possibilità di non ricevere la giusta comprensione su questi aspetti da parte dei datori di lavoro.
I problemi di salute, i livelli di competenza e di istruzione dei partecipanti allo studio sono stati definiti fattori di micro-livello. Spostandosi a una visuale più ampia della questione, questi problemi sono aggravati da fattori definiti di macro-livello, come strategie di assunzione inadeguate, riduzione della domanda di lavoro locale e occupazione precaria. La flessibilità richiesta dal mondo del lavoro difficilmente è conciliabile con le esigenze dei lavoratori over 50, sia a livello micro che a livello macro. I contratti a zero ore, il lavoro a breve termine o stagionale, il tempo da dedicare all’acquisizione di nuove competenze aumentano l’incertezza del ritorno al lavoro poiché complicano la pianificazione delle visite mediche, dei pagamenti a fine mese, degli spostamenti per chi non dispone di un mezzo proprio, e sottraggono tempo da dedicare a nipoti o ad altri familiari ai quali si presta assistenza.
Sebbene nessuno dei partecipanti allo studio abbia indicato l’età come un problema per loro, in alcuni casi è stato un fattore discriminante per i datori di lavoro. Sono state percepite due forme di ageismo: la prima diretta, rappresentata dalla reazione negativa quando durante i colloqui viene detta l’età, e la seconda indiretta, quando ai candidati più anziani, che non hanno dimestichezza con i mezzi informatici, viene richiesto di candidarsi alle offerte di lavoro online.
In una società in cui si assiste al progressivo invecchiamento della popolazione e al conseguente aumento della percentuale degli ultracinquantenni che costituiscono la forza lavoro, sono necessarie delle politiche più inclusive per i lavoratori anziani. Delle politiche che tengano conto degli effetti che indirettamente l’età ha sia sui fattori di micro-livello che su quelli di macro-livello. Ed è necessario che anche i datori di lavoro facciano uno sforzo in più per andar incontro alle esigenze di salute degli over 50 con malattie croniche o disabilità.