Un nuovo studio suggerisce che il sale nella dieta potrebbe avere poco o nessun effetto sul rischio di malattie cardiache, almeno nei più anziani. Il lavoro, pubblicato su “Jama Internal Medicine”, ha incluso 2.642 persone, con età media 74 anni, la metà delle quali era composto da donne, il 62% da etnia caucasica e il 38% da afro-americani. Tutti erano privi di malattie cardiache all’inizio dello studio, e i ricercatori li hanno seguiti per 10 anni somministrando questionari dietetici per stimare l’apporto di sodio di ognuno di loro. I ricercatori hanno poi ‘aggiustato’ i dati per sesso, razza, indice di massa corporea e oltre due dozzine di altri indicatori di salute e caratteristiche comportamentali. L’apporto di sodio all’interno del campione variava da meno di 1.500 milligrammi al giorno a oltre 2.300 (circa un cucchiaino), ma gli scienziati non hanno rilevato alcuna differenza significativa nel rischio di malattie cardiovascolari, insufficienza cardiaca o morte. L’autore principale, Andreas Kalogeropoulos, assistente professore di medicina alla Emory University, avverte che le stime sull’assunzione di sale dello studio erano basate sul “self-report”, cioè su quello che dichiaravano i partecipanti, cosa che non sono sempre rende i dati affidabili. Le attuali linee guida richiedono che l’apporto di sodio sia inferiore a 1.500 milligrammi al giorno per le persone di età superiore a 50 anni. Secondo Kalogeropoulos, prima di innalzare questo limite, “abbiamo bisogno di una sperimentazione clinica prima di andare in questa direzione. E in nessun modo i nostri risultati vogliono rappresentare una ‘licenza’ a consumare più sale”. (Adnkronos)