Nuovi passi avanti per il trattamento di una delle forme di cancro più diffuse tra gli adulti e anche tra gli anziani maschi, il cancro alla prostata, ma anche contro una forma di tumore al rene che colpisce i bambini. Ad annunciarli sono gli oncologi in occasione del cinquantunesimo Congresso della Società americana di oncologia clinica (Asco), apertosi nei giorni scorsi a Chicago. Nel caso dei bambini, uno studio canadese ha dimostrato che bimbi affetti dalla neoplasia di Wilms (una forma di cancro al rene che colpisce i piccoli sotto i 5 anni e che negli Usa registra circa 500 nuovi casi l’anno) rispondono meglio contro la malattia se il trattamento con chemioterapia, con ulteriori farmaci, è più intensivo e con dosi aumentate. Questi piccoli pazienti sono caratterizzati da una specifica anomalia cromosomica associata ad una prognosi negativa. In media questi pazienti registrano un intervallo libero da malattia nell’arco di 4 anni nel 65-74% dei casi, ma i nuovi studi evidenziano come adottando tale regime chemioterapico ‘rafforzato’ questa media salga all’83-91%. Un approccio che segna un importante cambiamento, come chiarisce il coordinatore dello studio David Dix del British Columbia Children’s Hospital di Vancouver in Canada: “Creare ‘terapie su misura’ sulla base del rischio di ricaduta di ogni singolo paziente è stato uno dei principali obiettivi dell’oncologia pediatrica. Ad esempio, per i tumori che presentano un basso rischio di ricaduta, cerchiamo di diminuire le terapie al fine di minimizzare l’esposizione a potenziali agenti tossici. Al contrario, però, l’approccio è di aumentare le dosi di farmaci in quei pazienti pediatrici a più alto rischio di ricaduta per aumentare le chance di cura, e questo studio è appunto un esempio di successo di terapia ‘aumentata’ per un gruppo di pazienti ad alto rischio”. Risultati interessanti sono arrivati anche dallo studio Stampede dello University College di Londra, il più grande studio clinico mai condotto su pazienti con cancro alla prostata, con oltre 6.500 pazienti arruolati dal 2005. Lo studio ha dimostrato una sopravvivenza in media maggiore di 10 mesi (e di 22 nei casi con metastasi) ed un aumento del 38% dell’intervallo di tempo senza ricadute negli uomini con diagnosi di cancro alla prostata avanzato ai quali è stato somministrato un trattamento di chemioterapia (docetaxel) sin dall’esordio della malattia, insieme alla terapia ormonale standard. “Studi come questi – ha affermato il presidente Asco Peter Paul Yu – rappresentano passi avanti per le persone con tumore di tutte le età”. E se oggi “siamo nell’era della medicina a misura di paziente e dell’alta precisione, tuttavia – è il messaggio lanciato dall’oncologo dell’Asco Gregory Masters – possiamo ancora ottenere progressi significativi con trattamenti convenzionali come, appunto, la chemioterapia”.(ANSA).