Nel 2014, sono 2 milioni 654 mila le famiglie in condizione di povertà relativa (il 10,3% di quelle residenti), per un totale di 7 milioni 815 mila individui (il 12,9% dell’intera popolazione), di cui 3 milioni 879 mila sono donne (l’incidenza è del 12,5%), 1 milione e 986 sono minori (19%) e 1 milione 281 mila anziani (9,8%. La povertà relativa risulta sostanzialmente stabile rispetto al 2013 (era al 10,4%); se infatti si tiene conto dell’errore campionario (2,6%), è compresa tra il 9,8% e il 10,8%, con una probabilità del 95%. Lo rende noto l’Istat. La stima dell’incidenza della povertà relativa (la percentuale di famiglie e persone povere) viene calcolata sulla base di una soglia convenzionale (linea di povertà) che individua il valore di spesa per consumi al di sotto del quale una famiglia viene definita povera in termini relativi. La soglia di povertà per una famiglia di due componenti è pari alla spesa media mensile per persona nel Paese; nel 2014, è risultata di 1.041,91 euro (+1% rispetto al valore della soglia nel 2013, che era di 1.031,86 euro). Le famiglie composte da due persone che hanno una spesa mensile pari o inferiore a tale valore vengono classificate come povere. Per famiglie di ampiezza diversa il valore della linea si ottiene applicando un’opportuna scala di equivalenza che tiene conto delle economie di scala realizzabili all’aumentare del numero di componenti. La povertà relativa risulta stabile in tutte le ripartizioni geografiche: si attesta al 4,9% al Nord (4,6% nel 2013), al 6,3% al Centro (6,6% nel 2013) e al 21,1% nel Mezzogiorno (21,4%). Migliora la condizione delle famiglie di anziani al Centro (con persona di riferimento ultra sessantaquattrenne, dal 5,9% al 4,1%, o con al massimo la licenza elementare, dall’11,1% al 7,5%) e quella delle famiglie con a capo una persona in cerca di occupazione (dal 32,3% al 23,9%), soprattutto nel Mezzogiorno (dal 49,3% al 29,5%), miglioramento quest’ultimo legato, analogamente a quanto evidenziato per la povertà assoluta, all’aumento di coloro che vivono con un occupato o un ritirato dal lavoro. Nel Mezzogiorno migliora anche la condizione delle famiglie residenti nei piccoli centri (dal 25,8% al 23,7%), a fronte di un peggioramento di quelle che vivono nei grandi comuni (dal 16,3% al 19,8%). Lievi segnali di peggioramento si registrano per le famiglie con figli minori, in particolare con due figli (dal 15,6% sale al 18,5%), soprattutto nel Centro (dall’8,1% al 13,6%). Tali segnali si associano al peggioramento della condizione delle coppie con persona di riferimento con meno di 65 anni (dal 4,9% al 6,5%), a quello delle famiglie con a capo una persona almeno diplomata (dal 5% al 6,2%, nel Mezzogiorno dall’11% al 13,2%) e a quello delle coppie con un figlio (nel Nord dal 3,5% al 5,4%). L’intensità della povertà, nel 2014, è risultata pari al 22,1% e corrisponde a una spesa media equivalente delle famiglie povere pari a 811,31 euro mensili; nel 2013 era di 801,10 euro mensili. Nel Mezzogiorno, alla più ampia diffusione della povertà si associa la maggiore gravità del fenomeno: la spesa media mensile equivalente delle famiglie povere è pari a 804,23 euro, valore più elevato dei 783,17 euro rilevati nel 2013 (l’intensità è passata dal 24,1% al 22,8%). Nel Nord e nel Centro, dove la spesa media mensile equivalente delle famiglie povere è più elevata (818,28 e 835,71 euro rispettivamente), l’intensità risulta in leggero aumento al Nord (dal 18,3% al 21,5%) e pressoché stabile al Centro (al 19,8%).
Luglio 16, 2015