Chi studia di più vive più a lungo: il titolo di studio incide sulla speranza di vita, soprattutto per gli uomini. A dirlo è il Rapporto Istat 2016 che rileva: a 80 anni la quota di uomini laureati sopravviventi è del 69%, contro il 56% di chi ha al massimo la licenza media. Tra le donne laureate la quota è invece dell’80%, contro il 74% di chi ha basso titolo di studio. Quindi, a 25 anni di età, quelli con basso titolo di studio (al massimo la licenza media) hanno uno svantaggio nella speranza di vita di 3,8 anni rispetto ai laureati, mentre la differenza è di 2,0 anni tra le donne. Ancora più netta la distanza tra laureati e persone che hanno conseguito al massimo la licenza elementare: 5,2 anni per gli uomini e 2,7 per le donne. L’effetto del titolo di studio si mantiene rilevante anche tra gli anziani (over65), con un vantaggio per uomini e donne con titolo di studio elevato rispettivamente di 2,0 e 1,2 anni di vita. E le diseguaglianze più pronunciate nella speranza di vita a 25 anni si osservano nei paesi dell’Europa orientale, dove il divario tra titolo di studio alto e titolo basso supera gli undici anni di vita tra gli uomini, con un picco di 15,1 anni in Estonia. La graduatoria dei paesi Ocse per cui è disponibile l’analisi rimane sostanzialmente invariata a 65 anni, con distanze più contenute che comunque, tra gli uomini, superano i sei anni nella Repubblica Ceca, in Cile e Ungheria. L’Italia si colloca tra i paesi più “virtuosi”, le differenze per titolo di studio sono decisamente contenute, almeno in termini comparativi.
Bisogna lavorare per fare in modo che il divario tra le varie fasce di popolazione non aumenti con il passare degli anni. Per questo motivo, HappyAgeing-Alleanza italiana per l’invecchiamento attivo promuove l’adozione di una politica mirata al raggiungimento dell’aumento dell’aspettativa di vita in salute degli italiani.