Sono circa 85 mila, in Italia le persone ospiti delle Residenze Sanitarie Assistenziali-RSA, di cui il 70% affette da vari tipi di demenza, il 7% da demenza di Alzheimer, l’1% in stato vegetativo o affetti da malattie del motoneurone (SLA e altre), il restante 22% costituito da anziani con diversi livelli di fragilità. Una enorme varietà di casi clinici affidati a un gran numero di medici che oggi hanno sentito il bisogno di riunirsi in una società scientifica, la SIMERSA (Società Italiana dei Medici in RSA). Obiettivo, secondo lo Statuto, è il miglioramento della qualità professionale nell’assistenza a persone residenti in RSA o in strutture simili come Centri Diurni Integrati, Residenze Sanitarie per Disabili o a pazienti in situazione di cronicità e di continuità terapeutico-assistenziale verso l’integrazione territoriale. L’intento pratico è organizzare per gli associati un’attività di aggiornamento professionale, residenziale e a distanza, con programmi annuali di attività formativa ECM. E anche avviare la collaborazione con Ministero dell’Istruzione e ricerca, università, ministero della Salute, Regioni, Aziende sanitarie. Infine, elaborare linee guida assistenziali e terapeutiche, oltre che promuovere trials di studio e di ricerche scientifiche. Il Presidente, Lorenzo Panella, direttore della Medicina Fisica e Riabilitazione del Gaetano Pini-CTO di Milano, aggiunge che “SIMERSA si propone di vincere l’isolamento culturale dei medici e degli operatori di RSA che, in una sanità ospedalocentrica, a differenza di altre categorie (medici ospedalieri, universitari e di medicina generale) non hanno forti organizzazioni e possibilità di confronto frequenti”. Il primo nucleo di SIMERSA nasce in Lombardia, dove il numero di persone con disabilitè è stimato in circa 310.000, pari al 3,1% della popolazione residente, di cui circa 26.000 minori. Ma in generale gli utenti dei servizi sociosanitari stanno diventando sempre più fragili e complessi, “tanto che – precisa Panella – dal 2004 a oggi il numero di persone con forme gravi di demenza e con Alzheimer è aumentato in modo rilevante (oltre il 22%), e si calcola che l’indice di dipendenza passerà dall’attuale 30,5% al 54,5% nel 2050”.
Numeri che fanno capire quanto sia importante lavorare per la definizione di una politica destinata all’invecchiamento in salute. Puntare sull’assistenza integrata sui territori è fondamentale per limitare le ospedalizzazioni. Uno dei tanti accorgimenti utili a garantire la piena sostenibilità del Servizio sanitario nazionale: eccellenza italiana che dovrà fare i conti al più presto con l’invecchiamento della popolazione. Le soluzioni oggi vigenti rischiano di non essere sufficienti.