Secondo l’OMS, l’aspettativa di vita è aumentata di 11 anni nei Paesi a basso reddito, mentre in quelli più ricchi è cresciuta di soli 3 anni
L’allarme è dell’Organizzazione Mondiale della Sanità: la pandemia COVID-19 sta minacciando i progressi ottenuti nella longevità e nello stato di salute, e ostacola il raggiungimento degli obiettivi di sviluppo globale. “La buona notizia è che le persone in tutto il mondo vivono vite più lunghe e più sane. La cattiva notizia è che il tasso di progresso è troppo lento per raggiungere gli obiettivi di sviluppo sostenibile e sarà ulteriormente rallentato dal Coronavirus”, ha affermato in una nota il direttore generale dell’OMS Tedros Adhanom Ghebreyesus.
“La pandemia evidenzia l’urgente necessità che tutti i Paesi investano nel rafforzamento dei sistemi sanitari e nell’assistenza sanitaria di base, che sono le due facce della stessa medaglia. Questa è la migliore difesa contro focolai di COVID-19 e contro le molte altre minacce alla salute che le persone in tutto il mondo affrontano ogni giorno”, prosegue Ghebreyesus.
Secondo l’OMS, l’aspettativa di vita e l’aspettativa di vita sana sono aumentate, ma in modo diseguale. I principali miglioramenti sono stati registrati nei Paesi a basso reddito, che hanno visto l’aspettativa di vita aumentare del 21%, pari a 11 anni, tra il 2000 e il 2016 (rispetto a un aumento del 4%, pari a 3 anni, nei Paesi a reddito più elevato). La maggior parte dei passi avanti è stata fatta contro HIV, malaria e tubercolosi, nonché contro diverse malattie tropicali trascurate. Anche la migliore assistenza sanitaria materna e infantile ha portato a dimezzare la mortalità dei bambini tra il 2000 e il 2018. Ma in diverse aree, i progressi sono ora in stallo.
La copertura vaccinale, ad esempio, è aumentata a malapena negli ultimi anni e si teme che i miglioramenti ottenuti per la malaria possano essere invertiti. C’è una carenza complessiva di servizi per prevenire e curare malattie non trasmissibili come cancro, diabete, malattie cardiache, polmonari e ictus: nel 2016, il 70% di tutti i decessi nel mondo erano attribuibili a malattie non
trasmissibili, con la maggior parte dei decessi (85%) avvenuti in Paesi a basso e medio reddito.
Questi progressi disomogenei rispecchiano ampiamente le disparità nell’accesso a servizi sanitari di qualità: solo una percentuale variabile fra un terzo e la metà della popolazione mondiale è stata in grado di ottenere servizi sanitari essenziali nel 2017. La copertura nei Paesi a basso e medio reddito rimane ben al di sotto di quella nei Paesi più ricchi, così come la densità della forza lavoro sanitaria: in oltre il 40% di tutte le nazioni ci sono meno di 10 medici per 10.000 persone, e oltre il 55% ha meno di 40 infermieri e ostetrici ogni 10.000 abitanti.
In base alle tendenze attuali, l’OMS stima che nel 2020 circa 1 miliardo di persone (quasi il 13% della popolazione mondiale) spenderà almeno il 10% del proprio budget familiare per l’assistenza sanitaria, e la maggior parte di queste persone vive in Paesi a basso reddito. “La pandemia COVID-19 evidenzia la necessità di proteggere le persone dalle emergenze sanitarie, nonché di promuovere una copertura sanitaria universale”, ha concluso Samira Asma, assistente alla direzione generale dell’OMS.