di Francesco Fuggetta
Non esistono solo razzismo e sessismo: spesso gli anziani subiscono delle discriminazioni, in particolare sul luogo di lavoro
Napoli – La popolazione mondiale invecchia progressivamente, e con l’aumento degli anziani crescono anche i pregiudizi e gli stereotipi basati sull’età. Queste dinamiche hanno portato alla nascita di un nuovo termine, “ageismo”, che definisce questo tipo di discriminazioni. Ne abbiamo parlato con la prof.ssa Anna Rosa Donizzetti, Docente di Teorie e metodi di psicologia sociale presso il Dipartimento di Studi Umanistici dell’Università Federico II di Napoli, che ha condotto una ricerca su questo tema.
Professoressa, cosa si intende per “ageismo”?
“Il termine ageism – in italiano “ageismo”1 o “anzianismo”2 – fu utilizzato per la prima volta nel 1969 da Robert Neil Butler3, che lo accostò ai ben più noti costrutti di racism e sexism. L’ageism rappresenta, dunque, la terza forma di -ism e fa riferimento agli stereotipi, ai pregiudizi e alle discriminazioni basate sull’età, compreso il pregiudizio verso le persone giovani a cui si fa generalmente riferimento con l’espressione “ageism giovanile”. Il pregiudizio verso gli anziani si differenzia da quello nei confronti di un’altra razza o genere per almeno due motivi: in primo luogo, la classificazione di un individuo sulla base dell’età non è statica, ma cambia nel corso del ciclo di vita, mentre quella che assume ad oggetto la razza e il genere rimane costante; in secondo luogo, tutti gli individui sono destinati a raggiungere lo status di vecchio, a meno che la morte non sopraggiunga prima di vivere l’esperienza della vecchiaia. L’ageism è socialmente accettato a causa della sua natura implicita e subconscia.
In Italia5 è emersa una maggiore diffusione di stereotipi e non di pregiudizi verso gli anziani. La maggiore diffusione degli stereotipi va probabilmente attribuita alla scarsa conoscenza del processo di invecchiamento, mentre la minore diffusione di tendenze discriminatorie può essere interpretata alla luce della dimensione culturale. Infatti in Italia, così come nelle culture collettiviste, vi sono solidi valori a sostegno degli anziani, ove si pone un forte accento sui legami di affetto tra i membri della famiglia.
Nel contesto lavorativo italiano4 è emerso anche che la percezione di subire discriminazioni per età produce non tanto l’effetto di un’uscita anticipata dal mondo produttivo, che stando alle attuali politiche del lavoro comporterebbe una penalizzazione in termini economici, quanto una disaffezione che orienta il soggetto a desiderare di cambiare lavoro, probabilmente perché l’atteggiamento discriminatorio dei colleghi e del datore di lavoro viene visto come una specificità della propria organizzazione e non dell’intero mercato del lavoro”.
Quali sono gli effetti del progressivo invecchiamento della popolazione?
“Il cambiamento demografico, dovuto all’allungamento della speranza di vita e alla riduzione delle nascite, sta coinvolgendo in misura diversa tutte le nazioni. L’esito di tale cambiamento è un forte aumento della popolazione anziana, tale da considerare l’invecchiamento come un problema sociale di portata globale. Le nazioni si trovano, dunque, di fronte alla necessità di riorganizzarsi per affrontare l’impatto socio-economico dell’invecchiamento della popolazione. Riorganizzarsi vuol dire non solo attrezzarsi adeguatamente ad assistere i più vecchi ma anche e soprattutto mettere in atto delle misure in grado di coinvolgere e valorizzare le risorse e le potenzialità degli anziani più giovani”.
Quali sono i pregiudizi subiti più frequentemente dagli anziani e cosa si può fare per combatterli?
“Negli anni si sono diffusi crescenti pregiudizi nei confronti degli anziani, visti come intralcio alla produttività e al dinamismo sociale6. Tali atteggiamenti sull’invecchiamento, oltre ad influenzare il comportamento e la gestione degli anziani, possono incidere anche sulla personale esperienza di invecchiamento. Infatti, una percezione negativa di questa fase comporta una riduzione dell’autoefficacia, con effetti diretti sulla depressione, oltre a ripercussioni sullo stato di salute fisico, a causa delle conseguenze sul sistema immunitario e su quello cardiovascolare. Una percezione positiva dell’invecchiamento è invece associata ad alti livelli di benessere, migliore salute e longevità. Lo stereotipo della vecchiaia come periodo di declino e calo delle abilità, associato al sempre più diffuso culto della giovinezza, ha avuto come conseguenza l’aumento del numero degli anziani vittime di discriminazioni fondate sull’età, che si manifestano in molteplici ambiti tra cui il contesto lavorativo, quello socio-sanitario, dei mass-media e più in generale dei rapporti intergenerazionali.
Per poter affrontare l’ageismo è necessaria un’azione globale, concertata e coordinata, che preveda campagne volte a sostenere un cambiamento negli atteggiamenti e nei comportamenti, nonché azioni finalizzate a sviluppare politiche di supporto e adeguati quadri normativi”.
In che modo è stata condotta la sua ricerca?
“L’obiettivo del recente studio7 pubblicato sull’International Journal of Environmental Research and Public Health è stato quello di approfondire la conoscenza degli antecedenti del pregiudizio verso gli anziani; conoscenza indispensabile per poter implementare campagne volte alla promozione di atteggiamenti positivi verso di loro. Sono quindi state indagate le relazioni simultanee tra conoscenza dell’invecchiamento, età, ansia per l’invecchiamento e atteggiamenti verso gli anziani, nonché il loro ruolo predittivo rispetto all’ageismo. I partecipanti allo studio sono stati 886, con un’età media di 35,8 anni e prevalentemente di sesso femminile (il 64,8%). Tutti i partecipanti hanno compilato un questionario self-report”.
A quali risultati è approdato lo studio?
“Dai risultati è emerso che l’età è un fattore importante, in quanto da un lato incide negativamente sull’ansia per l’invecchiamento e dall’altro incide positivamente sugli atteggiamenti stereotipici verso l’età e sull’ageismo. Ciò sta ad indicare che all’aumentare dell’età diminuisce l’ansia di invecchiare ma aumentano gli stereotipi e i pregiudizi sull’invecchiamento. I giovani, dunque, manifestano una maggiore preoccupazione per le trasformazioni che immaginano si verificheranno con l’avanzare dell’età. Le preoccupazioni per gli esiti del processo di invecchiamento rispecchiano la paura personale di invecchiare e sono probabilmente legate alla volontà interiore di soddisfare l’ideale sociale della giovinezza, tipico delle società occidentali fautrici di una cultura antinvecchiamento.
Il dato della positiva relazione tra età e stereotipi nonché pregiudizi sull’invecchiamento è in linea con quanto è già emerso in altri studi in cui era stata rilevata la tendenza da parte delle persone anziane ad avere un atteggiamento più prevenuto verso il proprio gruppo di età. Tale dato può sembrare in controtendenza rispetto a quello degli studi che hanno sottolineato l’esistenza di atteggiamenti più antagonisti da parte dei più giovani verso i più anziani, ma in realtà gli studi che hanno rilevato l’esistenza di una correlazione negativa sono stati condotti su studenti universitari, pertanto su un range di età molto ristretto, rispetto a quello considerato nel presente studio. L’aver messo in relazione l’età con gli stereotipi e i pregiudizi verso gli anziani attraverso un modello di equazioni strutturali su un campione che copre il range d’età che va dai giovani agli adulti che stanno per accedere alla terza età, ci ha permesso quindi di cogliere meglio il ruolo di questa variabile.
Dai risultati emerge, poi, la centralità del ruolo svolto dalle conoscenze relative al processo di invecchiamento. Le conoscenze incidono negativamente sia sull’ansia di invecchiare sia sugli atteggiamenti stereotipati verso gli anziani. Pertanto, viene confermato che una maggiore conoscenza dell’invecchiamento è predittiva sia di una minore ansia di invecchiare sia di atteggiamenti più positivi verso gli anziani. L’ansia di invecchiare è poi un predittore degli atteggiamenti stereotipati verso gli anziani che a loro volta predicono positivamente l’ageism sia in modo diretto sia nel ruolo di mediatore della relazione tra ansia di invecchiare ed ageism. Viene, dunque, meglio chiarita la relazione tra queste variabili ed emerge più chiaramente il ruolo delle conoscenze che conduce ad un atteggiamento più positivo e dunque ad un minor pregiudizio”.
Riferimenti bibliografici
1) Salvioli, G. Gli anziani oggi. Giornale di Gerontologia, 2004, 52, 4, 162-164.
2) Severgnini, B. “Anzianismo”, ovvero la persecuzione del signor Sessanta. Giornale di Gerontologia, 2007, 55, 120.
3) Butler, R. N. Age-ism: Another form of bigotry. The Gerontologist, 1969, 9, 243-246.
4) Donizzetti, A.R. Les répercussions de l’âgisme sur les choix de carrière: Le cas des travailleurs italiens. In Représentations et Discours sur le Vieillissement: La Face Cachée de L’âgisme? Lagagé, M., Ed.; Presses del’Université Laval: Québec, CA, Canada, 2015; pp. 173–190.
5) Donizzetti, A.R. Misurare il pregiudizio verso gli anziani: Validazione italiana della Fraboni Scale of Ageism e analisi delle differenze per genere ed età. G. Psicol. 2010, 4, 258–269.
6) Berger, K.S. Lo Sviluppo Della Persona; Zanichelli: Bologna, Italy, 1996.
7) Donizzetti A.R. Ageism in an aging society: The role of knowledge, anxiety about aging, and stereotypes in young people and adults. International Journal of Environmental Research and Public Health, 2019, 16(8), 1329. DOI: 10.3390/ijerph16081329