Cambiano così tutte le regole di un’economia statica che, adesso, dovrà fare i conti non solo con gli anziani fragili o con i loro problemi di autonomia, ma con tutte le persone over 50 che sono addetti alla cura sia formale che informale .
A detta di Alessandro Rosina, demografo dell’Università Cattolica di Milano e secondo quanto riportato su morninfuture.com, “entro il 2020 ci saranno due over 65 ogni under 15, ma la soglia in cui si entra nell’età anziana e si esce da quella adulta è slittata in avanti”.
Solo dopo i 75 anni inizia l’età in cui si è anziani dipendenti da qualcun altro. Prima esiste un interregno in cui sono diffuse attività di ogni tipo, legate alla famiglia, al volontariato ma anche al lavoro. Molti dei “giovani anziani” (83,3%) sono pensionati, ma alcuni lavorano ancora. La scelta di lavorare, nonostante la pensione, non è legata solo a un’esigenza di tipo economico, ma è dovuta spesso anche alla consapevolezza che la produttività lavorativa porti anche a un migliore invecchiamento.
Tradurre il concetto di Silver Economy e indirizzarla a soddisfare un’esigenza emergente della nostra società, è prioritario se si vuole continuare a parlare di “Happy Ageing” e soprattutto se si vuole dare a quest’ultima l’importanza che merita.
Solo così la società potrà adattarsi alla nuova era che incombe e che prevede scambi di competenze e conoscenze tra junior e senior, orari flessibili e trasmissione di esperienza. Insomma, i “giovani anziani” sono la risorsa più preziosa per un Paese che dimostra di voler crescere e non soltanto demograficamente parlando, soprattutto se si pensa che gli over 65 trainano i consumi ed uno su due di loro aiuta figli e nipoti.