La videosorveglianza negli asili nido e nelle scuole dell’infanzia o nelle strutture socio-assistenziali “non è la soluzione ai problemi” mentre bisognerebbe puntare su “una formazione continua e permanente del personale impegnato, verifica dei titoli, coinvolgimento delle famiglie in maniera più diretta”. Ne sono convinti i rappresentanti dei sindacati Cgil, Cisl, Uil in audizione nelle commissioni Affari costituzionali e Lavoro alla Camera, nell’ambito dell’esame delle proposte di legge in materia di videosorveglianza negli asili nido e nelle scuole dell’infanzia nonché presso le strutture socio-assistenziali per anziani, disabili e minori in situazione di disagio. “In questo modo sembra si dia per scontato che quando si entra in quegli ambienti non si è al sicuro – ha spiegato la rappresentante della Cgil – Se il fine è, dunque, quello di garantire una maggiore sicurezza agli ospiti di quelle strutture siamo fuori strada. L’operazione da fare, invece, è quella di pensare di rendere quegli ambienti funzionali e in sicurezza rispetto alle funzioni che si devono svolgere”. Per il sindacalista, la sicurezza “dovrebbe, invece, essere garantita da altri elementi: formazione continua e permanente del personale impegnato, verifica sui titoli, aggiornamento professionale, coinvolgimento più diretto delle famiglie”. “Introdurre la videosorveglianza (che non sono le web cam) porrebbe l’intero sistema educativo da 0 a 6 anni dentro un percorso di vigilanza che sottende la dismissione di un patto sociale tra la società, la scuola e le famiglie – ha aggiunto la rappresentante della Cisl – ci sono tanti altri strumenti che possono essere, invece, messi in atto. Il sistema di video sorveglianza non aiuta – ha sottolineato – abbiamo la responsabilità di agire sulla programmazione, sulla responsabilità di indirizzo, sulla qualità della formazione”.
“La questione è di grande importanza – ha detto il rappresentante della Uil – In una qualsiasi situazione di comunità bisogna salvaguardare il principio del benessere, sia per i fruitori che per gli operatori. Per poter fare questo è necessario attenersi alle raccomandazioni che già il Garante della privacy ha fatto. Aumentare la videosorveglianza – ha ribadito – aumenterebbe i problemi, aumentando, ad esempio, l’ansia e l’insicurezza nei bambini”. Per il rappresentante della Uil, invece, bisogna guardare ad altri problemi quali:” il numero di bambini troppo elevato all’interno delle sezioni, il numero di persone con disabilità troppo alto rispetto agli operatori, il problema delle risorse organiche, standard organizzativi e le condizioni contrattuali”. Sulla stessa lunghezza d’onda l’Ugl. “La questione non si risolve solo introducendo la videosorveglianza, ma occorre fare una riflessione più approfondita sul settore, soprattutto tenendo conto che le attività svolte da questi lavoratori comportano molta usura senza che, invece venga riconosciuto loro di essere inseriti nella categoria dei lavori usuranti. Nel momento in cui si approverà un testo di legge – ha sottolineato il rappresentante dell’Ugl – bisognerà prendere in considerazione il fatto di includere questi lavori tra le categorie usuranti”.