Di “pazienti fragili”, importanza vaccinazioni e vantaggi economici e sociali al riguardo, si è parlato al Convegno “Le vaccinazioni nel paziente fragile” che si è tenuto al Palazzo Pirelli di Milano lo scorso 11 e 12 giugno 2019.
Presieduto dai professori Andrea Gori, Carlo Federico Perno e Giuliano Rizzardini, al Convegno hanno preso parte anche i rappresentanti delle istituzioni tra cui l’Assessore al Welfare Giulio Gallera, il Direttore Generale di ATS Milano Dott. Walter Bergamaschi e la responsabile della Unità Organizzativa Prevenzione Regione Lombardia Maria Gramegna.
Con l’obiettivo di porre le basi per un piano di lavoro coerente e strutturato che deve essere realizzato attraverso un intervento multidisciplinare che coinvolga gli specialisti, i medici di medicina generale, i laboratori di microbiologia e i responsabili della Sanità Pubblica coordinati all’interno del sistema sanitario delle Regioni, l’evento è stato dedicato all’importanza delle vaccinazioni per l’infanzia e per l’età adulta.
Identificati in anziani, malati cronici, soggetti immunocompromessi, i “pazienti fragili” sono quelli che al momento hanno bisogno di essere sottoposti a maggiore attenzione da parte di tutto il sistema sanitario.
La copertura vaccinale nei pazienti fragili è molto al di sotto di quella necessaria, anche rispetto alle Linee Guida di tutte le società scientifiche. È una procedura tra le meno seguite: la conseguenza è una netta minor prevenzione di eventi invece assolutamente evitabili. “Le vaccinazioni vanno fatte – ha sottolineato il Professor Massimo Galli, Presidente SIMIT, Società Italiana di Malattie Infettive e Tropicali. – Anzitutto quella anti-influenzale, che in persone in condizioni di fragilità è praticata in percentuali addirittura inferiori a quella praticata agli anziani, che negli ultimi anni si è attestata poco sopra il 50%, rispetto a una soglia minima desiderabile del 75% e a una soglia di protezione del 95%. Nei portatori di patologie croniche, invece, dati europei dicono che non si va oltre il 30-40%, un dato eloquente che sottolinea che c’è molto da fare. La copertura vaccinale contro lo pneumococco, specificamente prevista dal Piano Nazionale per varie categorie di pazienti fragili, è addirittura quasi assente”. È quindi necessario far crescere la condivisione di informazioni tra specialisti di branche diverse e di programmi di implementazione delle vaccinazioni. Il luogo in cui tutto questo può più facilmente avvenire è proprio l’ospedale, ove le campagne vaccinali per i pazienti cronici possono essere organizzate in sicurezza utilizzando anche le ricorrenti frequentazioni degli ambulatori specialistici e gli stessi periodi di ricovero.
“Il numero dei pazienti fragili comprende diverse categorie e può variare a seconda della definizione – ha evidenziato il Prof. Carlo Federico Perno, Co-Presidente del Congresso, Professore di Microbiologia all’Università Statale di Milano. – Una categoria sicuramente coinvolta è quella degli anziani: costoro sono fragili per definizione, soprattutto gli ultra 75enni (anche se la fascia tra 65 e 75 merita comunque grande attenzione da questo punto di vista). Inoltre, ci sono tutti i pazienti onco-ematologici, quelli sottoposti a chemioterapia, chi fa uso di farmaci biologici in reumatologia, in gastroenterologia, in dermatologia, ecc.. Il contesto è estremamente ampio, quantificabile in milioni di persone”.
“In particolare – sottolinea il Prof. Giuliano Rizzardini, Co-Presidente del Congresso, Responsabile Malattie Infettive, Ospedale Luigi Sacco – Polo Universitario di Milano – la vaccinazione antipneumococcica delle persone di età superiore ai 65 anni è stata valutata favorevolmente anche sotto il profilo economico, poiché consentirebbe di risparmiare risorse, in analogia con due soli altri interventi sanitari sulla popolazione della stessa fascia d’età: la vaccinazione antinfluenzale e il PAP-test per le donne. Tuttavia le coperture vaccinali in questa popolazione raggiungono a fatica il 50%”.
Il Convegno è servito a fare il punto anche in riferimento alla politica sanitaria, per cui due sono gli aspetti fondamentali da valutare in merito a queste vaccinazioni. Uno è attinente alla salute individuale: nel paziente fragile determinate patologie infettive sono molto più gravi e possono avere un esito mortale. Il secondo riguarda la politica sanitaria e si fonda sulla conferma che la prevenzione costa alla collettività meno della cura. In una popolazione che invecchia, farmaci e ricoveri costano e costeranno sempre di più, mentre il costo delle vaccinazioni è fortemente inferiore al costo della cura delle infezioni che prevengono. “Una vaccinazione dunque non significa solo salvare una vita, ma anche evitare farmaci e ricoveri che costerebbero molto di più di una vaccinazione – ha puntualizzato il Prof. Perno – Per questo serve una politica sanitaria che ne favorisca l’implementazione e una maggiore informazione per tutti gli specialisti dei vaccini disponibili e delle opportunità che offrono in virtù delle loro potenzialità”.