Il microbiota intestinale può essere decisivo per puntare verso la longevità. da cui è partita una nuova ricerca Unibo e Cnr, che con questo obiettivo ha analizzato la popolazione batterica intestinale di 24 semi-supercentenari (ovvero soggetti di età compresa tra i 105 e i 110 anni) della provincia di Bologna, confrontandola con quella di centenari (99-104 anni), anziani (65-75 anni) e adulti (20-50 anni) arruolati nella stessa area geografica per limitare le differenze dovute alle abitudini alimentari e allo stile di vita.
Lo studio – promosso dal gruppo di Ecologia microbica della salute del Dipartimento di farmacia e biotecnologie e dal gruppo di ricerca per gli studi sull’invecchiamento e la longevità del Dipartimento di medicina specialistica, diagnostica e sperimentale dell’Università di Bologna, e con la partnership dell’Istituto di tecnologie biomediche del Consiglio nazionale delle ricerche (Itb-Cnr) di Milano – è stato appena pubblicato sulla rivista internazionale Current Biology (Cell Press) ed è il primo al mondo a studiare il microbiota di soggetti così eccezionalmente longevi, consentendo di gettare nuova luce sul ruolo dei batteri intestinali nella longevità. “La longevità – spiega la ricercatrice Unibo, Elena Biagi – è un tratto complesso in cui giocano un ruolo chiave la genetica, l’ambiente e il caso. Influenzando molteplici aspetti della fisiologia umana, come il corretto funzionamento del sistema immunitario e del metabolismo energetico, il microbiota intestinale può rappresentare un tassello importante nel definire come e quanto un essere umano può invecchiare mantenendosi in buona salute”. Dalla ricerca effettuata, infatti, è emersa l’esistenza di un “core microbiota” (una sorta di porzione fissa dell’ecosistema in termini di composizione), costituito principalmente da specie simbionti (prevalentemente appartenenti alle famiglie Ruminococcaceae, Lachnospiraceae e Bacteroidaceae) generalmente associate ad uno stato di salute e produttrici di molecole estremamente importanti per il nostro organismo come gli acidi grassi a corta catena. L’abbondanza cumulativa di queste specie all’interno del microbiota intestinale diminuisce però con l’avanzare dell’età, favorendo la progressiva proliferazione di specie sub-dominanti e opportunisti pro-infiammatori, presenti in bassa percentuale nei giovani adulti. L’invecchiamento è caratterizzato, inoltre, da cambiamenti nei rapporti di co-occorrenza tra le specie microbiche non appartenenti al ‘core’, cioè nella frequenza con cui due specie appaiono insieme nel microbiota intestinale di un individuo.
Marco Severgnini, ricercatore dell’Itb-Cnr, spiega: “Queste caratteristiche sono tipiche di un ecosistema associato ad un organismo che invecchia, si mantengono nel microbiota intestinale di individui longevi ed estremamente longevi. Allo stesso tempo però, il microbiota intestinale dei semi-supercentenari mostra i segni di una parallela proliferazione di microrganismi antinfiammatori, immunomodulanti e promotori della salute dell’epitelio intestinale, come Bifidobacterium e Akkermansia”. È stato inoltre rilevato nei semi-supercentenari, un aumento nell’abbondanza di batteri appartenenti alla famiglia Christensenellaceae, un gruppo batterico recentemente salito all’attenzione della ricerca nel campo del microbiota intestinale, in quanto associato ad uno stato di salute e identificato come la componente del microbiota maggiormente influenzata dal patrimonio genetico dell’ospite.
Nel microbiota potrebbe quindi esserci il “segreto” per aumentare l’aspettativa di vita in salute delle persone. Un campo di indagine in grado di riservare sorprese. In attesa di nuovi studi può essere una buona idea lavorare sulla corretta alimentazione. Bastano pochi accorgimenti per la prevenzione di patologie capaci di minare il quadro clinico dell’anziano. Proprio per questo motivo, HappyAgeing-Alleanza italiana per l’invecchiamento attivo sta lavorando a un progetto tutto incentrato sulla nutrizione.