Prof. Vincenzo Baldo: “Lo pneumococco può essere causa di malattie invasive fra cui polmoniti, meningiti e sepsi le quali aumentano il rischio di decesso soprattutto nei pazienti più fragili”
In meno di un secolo l’età media della popolazione mondiale è salita di circa quarant’anni. In Italia l’aspettava di vita media oggi è di poco inferiore a 80 anni per gli uomini ed è circa 84 per le donne. Ciò è in parte dovuto al miglioramento delle condizioni sanitarie e alla diffusione dei vaccini, capaci di proteggere dalle conseguenze di infezioni come quella da Streptococcus pneumoniae, che nell’individuo anziano innalza pericolosamente il rischio di morte.
STREPTOCOCCUS PNEUMONIAE
Più conosciuto come Pneumococco, lo Streptococcus pneumoniae è un batterio che al microscopio si presenta come formato da due cocchi o da piccole catenelle. “L’identificazione dello Pneumococco si basa sul riconoscimento della capsula che circonda la parete cellulare”, spiega Vincenzo Baldo, professore ordinario di Igiene all’Università di Padova e Presidente della sezione Triveneto della Società Italiana di Igiene Medicina Preventiva e Sanità Pubblica (SITI). “È la capsula a conferire le caratteristiche di patogenicità al virus ed è quella che permette di classificare i vari tipi di Pneumococco. Se ne conoscono più di 90 perciò occorre sviluppare una protezione che ne comprenda il più possibile dal momento che gli anticorpi protettivi sono specifici per ogni tipo, ovvero proteggono contro uno specifico ceppo di Pneumococco”.
Lo Pneumococco penetra nell’organismo attraverso le vie respiratorie andandosi a localizzare sulle mucose ma non sempre e non in tutti i casi suscita una malattia: fattori come l’età, la capacità di risposta del sistema immunitario e il tipo di patogeno stesso possono possono influenzare la possibilità che si produca un’infezione sintomatica. “Le malattie più pericolose sono la polmonite, la meningite e la sepsi (una grave risposta sistemica dell’organismo alla batteriemia o a un’altra infezione, n.d.r.)”, continua Baldo. “La polmonite è la manifestazione più comune di un’infezione pneumococcica. I sintomi includono generalmente un esordio improvviso con febbre e brividi. La sepsi si presenta, invece, nel 25-30% dei casi e ha una letalità del 20%, che tocca il 60% nelle persone anziane. L’infezione pneumococcica è particolarmente grave nelle persone con insufficienza funzionale o anatomica della milza. Infine, non bisogna dimenticare che le meningiti da Pneumococco presentano una letalità circa del 30%, che può arrivare all’80% nelle persone anziane”. La frequenza assoluta del numero delle segnalazioni per classe di età evidenzia un graduale aumento del numero dei casi di malattia a partire dai 30 anni – i tassi di notifica nei pazienti con età maggiore di 65 anni giungono a circa 12 per 100.000 abitanti.
A complicare ulteriormente le cose c’è il fatto che nei malati più avanti con l’età cresce il rischio di sovrainfezioni; infatti, laddove siano evidenti le manifestazioni sintomatiche dell’influenza – come l’incapacità di espellere il muco – lo Pneumococco riesce ad attecchire e proliferare con maggiore facilità. I dati delle pandemie influenzali confermano che nella stragrande maggioranza dei decessi era presente una doppia infezione, prodotta dal virus influenzale e dallo Pneumococco. Quest’ultimo, è associato anche ad elevati tassi di antibiotico-resistenza e tale peculiarità rende ancora più urgente il ricorso alla vaccinazione quale arma di prevenzione dalla malattia.
IL VACCINO CONTRO LO PNEUMOCOCCO
Esistono due tipologie di vaccino contro lo Pneumococco: il vaccino polisaccaridico 23-valente (PPV-23) contro i 23 sierotipi responsabili dell’80-90% delle polmoniti, delle sepsi e di altre forme invasive, e il vaccino coniugato 13-valente (PCV-13). “La vaccinazione anti-pneumococcica viene attualmente offerta a tutti gli individui al compimento del 65esimo anno di età”, specifica Baldo. “Il Piano Nazionale di Prevenzione Vaccinale (PNPV) attualmente vigente identifica come offerta attiva la vaccinazione con il vaccino PCV-13, seguita da una dose di vaccino PPV-23 a distanza di almeno 8 settimane dopo” Infatti, il vaccino PPV-23 è raccomandato nelle persone anziane e in tutti gli individui di età superiore ai due anni che riportino fattori di rischio per le infezioni pneumococciche ma ha un’efficacia che tende a scendere nel tempo. Per tale ragione gli studi clinici hanno dimostrato che si ottiene una protezione maggiore somministrando prima il vaccino PCV-13 e successivamente estendendo la protezione con il vaccino PPV-23. “Va posta attenzione a non invertire l’ordine di somministrazione dei due vaccini, perché ciò comporterebbe una più bassa risposta immune”, conclude Baldo, ricordando la necessità di suggerire tale vaccinazione non solo agli anziani ma anche a persone affette da bronchiti croniche, patologie epatiche o che possano compromettere il sistema immunitario.
di Enrico Orzes