È fondamentale per proteggere le fasce più anziane della popolazione dalle polmoniti batteriche che possono avere conseguenze molto serie. Il dott. Michele Conversano spiega i vantaggi di questo strumento di prevenzione.
Tra le tante cose che la pandemia provocata dalla diffusione del virus SARS-CoV-2 ci sta insegnando c’è anche il fatto che non tutti i vaccini sono destinati esclusivamente ai bambini. Alcuni di essi, come il vaccino contro lo pneumococco, sono caldamente raccomandati agli anziani che dovrebbero proteggersi dalle brutali conseguenze di una polmonite batterica.
“La vaccinazione antipneumococcica serve a combattere la malattia scatenata dallo Streptococcus pneumoniae, più noto come pneumococco, che colpisce individui sia nella primissima infanzia che nella fascia d’età che va dai 60-65 anni sino oltre i 90 anni”, spiega il dott. Michele Conversano, Direttore del Dipartimento di Prevenzione e del Servizio di Igiene e Sanità Pubblica della ASL di Taranto, nonché Presidente di Happy Ageing, l’Alleanza italiana per l’invecchiamento attivo. “In particolare, lo pneumococco è in grado di indurre infezioni di varia gravità, suscitando soprattutto meningiti e otiti nei bambini, mentre si rende responsabile di frequenti polmoniti, meningiti ed encefaliti nell’individuo più anziano”.
Nei paesi che l’hanno introdotta, la vaccinazione contro lo pneumococco ha contribuito a ridurre in maniera sensibile le morti infantili associate all’infezione da questo pericoloso batterio e, per questo motivo, è fondamentale farne comprendere l’importanza anche ai più anziani il cui sistema immunitario più fragile può essere facilmente aggredito dallo pneumococco. “Con il trascorre dell’età il sistema immunitario subisce radicali cambiamenti che rientrano nel processo dell’immunosenescenza”, precisa Conversano. “Ciò significa che le risposte immunitarie ad una polmonite batterica possono essere meno efficienti rispetto a quelle di un ventenne nel pieno della salute, perciò queste persone più fragili corrono il rischio di subire gravi complicanze che mettono a serio pericolo la loro stessa sopravvivenza”. Le polmoniti batteriche rappresentano una delle più frequenti cause di morte tra gli anziani; in particolare la mortalità associata alle polmoniti acquisite in comunità (CAP), cioè quelle che possono insorgere in persone ricoverate in RSA o strutture sanitarie di lungodegenza, arriva fino al 15% tra i ricoverati in ospedale e sfiora il 45% in coloro che sono ricoverati in terapia intensiva. Proteggere le fasce di popolazioni più deboli è, dunque, una responsabilità sociale. Un’altra lezione che la pandemia da COVID-19 ci sta impartendo duramente.
“La vaccinazione antipneumococcica si esegue con la somministrazione intramuscolare di un vaccino detto 13-valente, cioè contenente i 13 principali sierotipi di pneuomococco che suscitano la maggior parte delle polmoniti batteriche”, riprende Conversano. “Si tratta di un vaccino coniugato che stimola meglio il sistema immunitario e non ha bisogno di ripetizioni. Infatti, si esegue una volta sola e dura per molti anni”. A distanza di un anno è prevista anche una dose di vaccino 23-valente, un vaccino non coniugato che contiene altri 10 ceppi mancanti nel primo, così da estendere maggiormente la protezione.
Oltre agli adulti di età superiore ai 65 anni, la vaccinazione è fortemente raccomandata alle persone con diabete e a coloro che soffrono di malattie cardiovascolari croniche e respiratorie (ad esempio, BPCO o enfisema). Inoltre, è raccomandata anche a coloro che sono affetti da patologie immunodepressive. “Per gli individui immunodepressi le maggiori controindicazioni riguardano vaccini vivi attenuati, come quello per il morbillo, mentre per i vaccini come quello contro lo pneumococco non ci sono problematiche particolari. Tuttavia, è opportuno che si instauri un dialogo tra il medico di medicina generale e lo specialista per suggerire, ad esempio, al paziente in trattamento con farmaci immunodepressivi il momento più opportuno per vaccinarsi, così da avere la migliore efficacia. Inoltre, la vaccinazione antipneumococcica è suggerita in tutte quelle persone affette da insufficienza renale, tumori ematologici o neoplasie diffuse e in coloro che si sono sottoposti a trapianti”, prosegue l’esperto. “E anche nei pazienti sottoposti a splenectomia in età giovanile perché le complicanze e la possibilità di essere colpiti da questo batterio sono più alte”.
Un altro ottimo motivo per non mancare l’appuntamento con la vaccinazione contro lo pneumococco è il fenomeno dell’antibiotico-resistenza legato a questo batterio. Questa problematica ha reso molto difficoltosa la terapia delle polmoniti batteriche – specialmente se associate a un’infezione da pneumococco – rendendosi responsabile di quasi 800 mila decessi a livello mondiale: infatti, la cura di una polmonite batterica in un paziente anziano che possa presentare patologie croniche concomitanti quali diabete, broncopatie e cardiopatie può divenire molto complessa.
“Purtroppo manca un’adeguata percezione del rischio, specie nelle fasce anziane di popolazione che dovrebbero, invece, essere più attente”, conclude Conversano. “Nel nostro Paese la vaccinazione antipneumococcica è stata inserita nel Piano nazionale di prevenzione vaccinale ed è un obbligo per le Regioni poterla offrire in forma gratuita ai cittadini. Pertanto è fondamentale che le aziende sanitarie dispongano la chiamata attiva degli anziani ed è altrettanto importante promuovere campagne di sensibilizzazione per farne comprendere l’importanza ai fini della prevenzione delle polmoniti batteriche che, differentemente da certe infezioni virali, non hanno una stagionalità e colpiscono in egual misura tutto l’anno. Deve, dunque, esser possibile accedere alla vaccinazione i qualsiasi momento dell’anno, specialmente per le persone che vengono ricoverate e necessitano di protezione”.
Enrico Orzes